Prevenzione della Cardiomiopatia Aritmogena: MicroRNA come Biomarcatori Diagnostici

La Prof.ssa Chiara Turchi ha aperto il suo intervento ringraziando il professor Moroncini per l’organizzazione dell’evento, sottolineando l’importanza di queste occasioni: “Io sono biologa e quindi molto spesso rimango all’interno del laboratorio e avere queste possibilità assolutamente sono molto molto importanti.”
Il progetto nasce da una collaborazione definita dalla stessa relatrice come “forse un po’ inusuale” tra la medicina legale e la cardiologia. Questa sinergia tra due discipline apparentemente distanti si è rivelata particolarmente fruttuosa per affrontare una patologia complessa come la cardiomiopatia aritmogena, che richiede competenze sia di biologia molecolare che di elettrofisiologia cardiaca.
La cardiomiopatia aritmogena: una patologia rara ma devastante
La cardiomiopatia aritmogena è una malattia rara e geneticamente eterogenea, caratterizzata da due aspetti fondamentali. Dal punto di vista morfologico, si osserva la sostituzione progressiva del tessuto cardiaco normale con tessuto fibroadiposo. Dal punto di vista clinico, la malattia è caratterizzata dall’insorgenza di aritmie importanti e potenzialmente letali.
Come sottolineato dalla Prof.ssa Turchi, questa patologia è una delle principali cause di morte cardiaca nei giovani e particolarmente nei giovani atleti. Si tratta quindi di una patologia che, sebbene rara, ha un impatto clinico e sociale estremamente rilevante, colpendo individui giovani e apparentemente sani durante attività fisica.
L’eterogeneità genetica e la sfida diagnostica
La cardiomiopatia aritmogena è definita come geneticamente eterogenea per diverse ragioni. I geni responsabili o parzialmente responsabili della patologia sono molti e diversi, e le mutazioni sono molteplici e distribuite in numerosi geni. Un aspetto particolarmente complicante è che la penetranza di queste mutazioni è incompleta, generando una variabilità fenotipica molto importante.
Una delle sfide maggiori nella gestione di questa patologia è rappresentata dal fatto che solo il 50% dei pazienti con cardiomiopatia aritmogena presenta mutazioni genetiche identificabili. Questo dato suggerisce la presenza di altri fattori e di altri biomarcatori che possono avere un ruolo sia nell’insorgenza della malattia che nel suo decorso clinico.
I microRNA: nuovi candidati biomarcatori
La letteratura scientifica suggerisce che, tra tutti i potenziali biomarcatori, quelli di maggiore interesse potrebbero essere i microRNA. Si tratta di molecole ormai molto conosciute e studiate, che hanno un ruolo cruciale nella regolazione dell’espressione genica post-trascrizionale.
I microRNA funzionano legandosi alle molecole di RNA messaggero bersaglio e possono agire in due modi: bloccando la traduzione dell’RNA messaggero in proteina oppure causandone la degradazione. Questo meccanismo di regolazione fine dell’espressione genica li rende biomarcatori particolarmente interessanti per malattie complesse come la cardiomiopatia aritmogena.
Gli obiettivi del progetto
L’obiettivo del progetto era quello di studiare i diversi livelli di espressione dei microRNA nella manifestazione della malattia e, come obiettivo finale, valutare il loro utilizzo come biomarcatori nel contesto clinico. Un test diagnostico basato sui microRNA potrebbe rappresentare uno strumento fondamentale per la diagnosi precoce e il monitoraggio della progressione della malattia.
Il disegno dello studio: dalla Discovery Phase alla validazione
Il progetto ha previsto una fase preliminare molto importante di raccolta dei campioni, seguita da una prima fase denominata Discovery Phase. In questa fase, i ricercatori hanno sequenziato l’intero miRNoma (l’insieme di tutti i microRNA) dai campioni reclutati nello studio. I risultati di questa prima fase sono stati poi sottoposti alla validazione nella seconda fase, che al momento della presentazione era ancora in corso.
La raccolta dei campioni: innovazione nel mappaggio elettroanatomico
La fase di raccolta dei campioni è stata particolarmente importante e innovativa. Ad oggi sono stati reclutati per lo studio circa 20 soggetti con sospetta cardiomiopatia aritmogena, dai quali sono stati prelevati sia campioni di sangue che tessuto cardiaco mediante biopsia.
Un aspetto distintivo di questo studio è che la biopsia è stata eseguita in modo mirato, guidata da un mappaggio elettroanatomico. Questa è una tecnica che è stata messa in atto e perfezionata proprio nell’ambito di questo progetto dalla Clinica di Cardiologia e Aritmologia diretta dal Professor Dello Russo.
Il mappaggio elettroanatomico: individuare il tessuto malato
Il mappaggio elettroanatomico viene eseguito con cateteri che registrano i potenziali elettrici del cuore. Vengono misurati sostanzialmente due parametri: la variazione dell’ampiezza del segnale elettrico e i tempi con cui l’impulso viene registrato. È stato osservato che i potenziali di ridotta ampiezza e tardivi (quelli più lenti a essere trasmessi) sono caratteristici del tessuto malato.
Come illustrato dalla Prof.ssa Turchi, il sistema genera mappe codificate a colori. Nella mappa dei voltaggi, il colore rosso rappresenta i potenziali di bassa ampiezza, quindi le zone potenzialmente malate. Nella mappa dei potenziali tardivi, è il colore viola a rappresentare le aree problematiche. Le registrazioni ECG mostrano in giallo i potenziali che indicano la parte del miocardio malato.
Questo mappaggio ha permesso di eseguire biopsie mirate, prelevando tessuto dalle regioni con maggiore probabilità di essere malate. Questo è cruciale perché la sostituzione fibroadiposa del tessuto non avviene uniformemente in tutto il miocardio, ma solo in alcuni punti specifici. Senza questa guida, esisterebbe il rischio concreto di prelevare tessuto sano, vanificando l’analisi.
I controlli dello studio
Per quanto riguarda i controlli, sono stati reclutati soggetti volontari per i campioni di sangue, mentre il tessuto cardiaco di controllo è stato prelevato da cadaveri, permettendo un confronto diretto con il tessuto malato.
Le fasi analitiche: estrazione e quantificazione dell’RNA
La prima fase analitica dello studio ha previsto l’estrazione dell’RNA totale sia dal plasma che dal tessuto cardiaco, utilizzando due kit diversi specifici per le due tipologie di campione. Anche la quantificazione dell’RNA estratto è stata eseguita con metodiche diverse.
Le metodiche standard come TapeStation e Qubit non erano sufficientemente sensibili per rilevare la presenza di RNA estratto dal plasma, particolarmente scarso in questo tipo di campione. Il gruppo ha quindi adottato una tecnica di PCR recentemente immessa sul mercato, più sensibile e adatta allo scopo.
Il sequenziamento dell’intero miRNoma
La fase cruciale dello studio è stata il sequenziamento dell’intero miRNoma mediante tecnologia Illumina. In totale sono stati sequenziati 30 campioni, sia di casi che di controlli. I primi risultati del sequenziamento hanno fornito indicazioni molto incoraggianti: i dati erano di buona qualità e la quantità di sequenze ottenute (reads) era ottimale per le finalità dello studio.
Le problematiche affrontate: un aspetto essenziale della ricerca
Prima di presentare i risultati, la Prof.ssa Turchi ha voluto condividere le problematiche incontrate durante lo studio, con una riflessione significativa: “Le problematiche fanno parte di tutti i percorsi di laboratorio e io dico sempre, se non troviamo problemi forse non abbiamo cercato abbastanza bene e non abbiamo fatto il nostro lavoro di laboratorio con molta attenzione.”
Tra i problemi principali affrontati:
La separazione del plasma: deve essere effettuata immediatamente, entro un’ora dalla raccolta del campione. Oltre questo tempo, i ricercatori hanno riscontrato l’impossibilità di estrarre l’RNA in modo efficace.
Il volume dell’estratto finale: risultava insufficiente per tutte le analisi previste, rendendo necessaria una modifica dei protocolli standard.
La quantificazione dei microRNA nel plasma: rappresentava una sfida tecnica significativa, risolta con l’adozione di kit più sensibili.
La qualità delle librerie per il sequenziamento: specialmente quelle derivate da tessuto cadaverico non sempre erano ottimali, costringendo i ricercatori a eliminare due campioni dall’analisi successiva.
I risultati della Discovery Phase: microRNA differenzialmente espressi
I risultati della prima fase, visualizzati attraverso grafici volcano plot, hanno mostrato in rosso i microRNA iper-espressi e in blu quelli ipo-espressi che risultavano statisticamente significativi nei casi rispetto ai controlli.
L’analisi del tessuto cardiaco ha rivelato risultati particolarmente interessanti. Le mappe di espressione (heatmap) hanno mostrato che i campioni dei casi presentavano un pattern di espressione omogeneo al loro interno e nettamente diverso da quello dei controlli. I casi, raggruppati insieme nell’analisi, mostravano una chiara separazione dai controlli, indicando una firma molecolare distintiva della malattia.
L’analisi dei campioni di plasma
La stessa analisi è stata eseguita per i campioni di plasma. Anche in questo caso sono stati identificati microRNA potenzialmente utili per le finalità diagnostiche, sebbene in misura minore rispetto a quelli identificati nel tessuto cardiaco. Inoltre, nei campioni di plasma i pattern di espressione non erano così omogenei come nel tessuto cardiaco, suggerendo una maggiore variabilità biologica nel compartimento circolante.
La selezione dei microRNA candidati
La fase successiva ha previsto il confronto tra i risultati ottenuti dal tessuto e dal plasma, permettendo di selezionare circa 10 microRNA utili per la seconda fase di validazione. Tra questi, un microRNA è risultato particolarmente interessante: era ipo-espresso di circa tre volte rispetto ai controlli sani sia nel plasma che nel tessuto cardiaco.
Questa coerenza tra i due compartimenti biologici è estremamente rilevante, perché suggerisce che questo microRNA potrebbe essere effettivamente utilizzabile come biomarcatore diagnostico nel plasma, rendendo possibile un test non invasivo.
Verso la meta: la fase di validazione
La fase attualmente in corso è quella di validazione mediante Digital PCR dei microRNA selezionati nella Discovery Phase. Come sottolineato dalla Prof.ssa Turchi, l’obiettivo finale è allestire e validare un saggio per la diagnostica applicabile nella pratica clinica.
Un aspetto fondamentale è che il test diagnostico non può basarsi sulla biopsia cardiaca, perché a quel punto della progressione clinica si sarebbe già “arrivati troppo tardi”. L’obiettivo è quindi sviluppare un test diagnostico applicabile al plasma, studiando i microRNA circolanti, che permetterebbe una diagnosi non invasiva e potenzialmente precoce.
La Digital PCR per la validazione
Per la fase di validazione è stata scelta la tecnologia di Digital PCR, una tecnica altamente sensibile e quantitativa che permette la misurazione assoluta dei livelli di microRNA anche quando presenti in concentrazioni molto basse, come nel caso del plasma. Questa tecnologia è particolarmente adatta per la validazione di biomarcatori destinati all’uso diagnostico, grazie alla sua elevata precisione e riproducibilità.
Prospettive cliniche e impatto atteso
Lo sviluppo di un test diagnostico basato sui microRNA circolanti potrebbe rappresentare una svolta nella gestione della cardiomiopatia aritmogena. Attualmente, la diagnosi si basa su criteri clinici, elettrocardiografici e di imaging che spesso permettono l’identificazione della malattia solo quando è già in fase avanzata.
Un test su plasma che permetta una diagnosi precoce potrebbe consentire di: identificare soggetti a rischio prima della manifestazione di eventi aritmici maggiori; monitorare la progressione della malattia in modo non invasivo; stratificare il rischio nei familiari di pazienti affetti; guidare decisioni terapeutiche, come l’impianto di defibrillatore cardioverter impiantabile (ICD).
Questo è particolarmente rilevante considerando che la cardiomiopatia aritmogena colpisce prevalentemente giovani e atleti, popolazioni in cui la diagnosi precoce potrebbe letteralmente salvare vite attraverso l’identificazione preventiva e la gestione appropriata del rischio aritmico.
Un modello di medicina di precisione cardiovascolare
Il progetto rappresenta un esempio paradigmatico di come la medicina di precisione possa essere applicata alle malattie cardiovascolari rare. L’approccio integrato che combina: tecniche avanzate di mappaggio elettroanatomico per biopsie mirate; sequenziamento di nuova generazione per l’analisi dell’intero miRNoma; validazione con tecnologie ultrasensibili come la Digital PCR; focus sullo sviluppo di test diagnostici non invasivi applicabili nella pratica clinica.
Questo modello dimostra come la ricerca traslazionale debba partire da un problema clinico reale (la difficoltà di diagnosi precoce della cardiomiopatia aritmogena), utilizzare le tecnologie più avanzate disponibili (sequenziamento, Digital PCR), ma sempre con l’obiettivo finale di tornare alla pratica clinica con strumenti concreti e applicabili (test diagnostico su plasma).
La collaborazione tra medicina legale e cardiologia
Un aspetto distintivo di questo progetto è la collaborazione interdisciplinare tra medicina legale e cardiologia. La medicina legale ha contribuito con le competenze di biologia molecolare, gestione dei campioni e analisi di laboratorio, mentre la cardiologia ha apportato le competenze cliniche, elettrofisiologiche e le tecniche innovative di mappaggio elettroanatomico.
Questa sinergia ha permesso di sviluppare un approccio che nessuna delle due discipline avrebbe potuto realizzare da sola, dimostrando ancora una volta che la medicina di precisione richiede necessariamente la convergenza di competenze diverse e complementari.
Conclusioni e impatto futuro
Il lavoro presentato dalla Prof.ssa Turchi rappresenta un contributo significativo alla comprensione e alla diagnosi della cardiomiopatia aritmogena. L’identificazione di microRNA specificamente alterati nella malattia apre la strada allo sviluppo di biomarcatori diagnostici che potrebbero trasformare la gestione clinica di questa patologia devastante.
La fase di validazione in corso con Digital PCR rappresenta un passo cruciale verso la traslazione clinica. Se i risultati confermeranno i dati della Discovery Phase, si potrà procedere verso studi clinici più ampi e, eventualmente, verso lo sviluppo di un test diagnostico commercialmente disponibile.
Questo avrebbe un impatto significativo non solo per i pazienti affetti da cardiomiopatia aritmogena, ma anche per i loro familiari, che potrebbero beneficiare di screening genetici e molecolari per identificare precocemente la predisposizione alla malattia, permettendo interventi preventivi prima dell’insorgenza di eventi aritmici potenzialmente letali.
Il progetto si inserisce perfettamente negli obiettivi dello Spoke 7 di HEAL Italia, dimostrando come la ricerca in medicina di precisione possa portare a risultati concreti nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, una delle principali cause di mortalità nei paesi sviluppati e un’area dove la diagnosi precoce può fare davvero la differenza tra la vita e la morte, specialmente nei soggetti giovani.




