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Il DNA non ci dà solo le malattie, ci insegna anche come curarle

Il DNA non ci dà solo le malattie, ci insegna anche come curarle
Prof.ssa Sabrina Giglio

Prof.ssa Sabrina Giglio

Responsabile del Centro di Medicina di Precisione HEAL ITALIA, Cagliari
Intervista alla Prof.ssa Sabrina Giglio: la rivoluzione della Medicina di Precisione parte dalla conoscenza del nostro genoma.  Professore ordinario di Genetica Medica all'Università di Cagliari, direttrice della struttura complessa di Genetica medica dell'Ospedale Binaghi di Cagliari e dell'unità di Genetica medica e biologia molecolare dell'Ospedale San Raffaele di Milano, la Prof.ssa Sabrina Giglio è una delle voci più autorevoli nel panorama italiano della genetica applicata alla clinica. Con una carriera iniziata a soli 19 anni nei laboratori di genetica, oggi guida la ricerca sulla plasticità del genoma e sulle sue varianti, con l'obiettivo di tradurre ogni scoperta in benefici concreti per i pazienti.

Professoressa Giglio, quando si parla di Medicina di Precisione si pensa spesso ai pazienti oncologici. Ma a chi è davvero rivolta?
La medicina di precisione è rivolta a tutti: sia a chi ha patologie sia alle persone che sono in salute. Si tratta di un approccio innovativo, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione delle malattie, oltre che il trattamento delle stesse. Tiene conto delle nostre caratteristiche individuali scritte nel genoma, ma anche dell’età, dell’ambiente in cui viviamo e del nostro stile di vita.
Questo ci permette di personalizzare tutte le nostre terapie, ma anche il nostro stesso stile di vita, perché non è detto che lo stile di vita che va bene per una persona possa andare bene per un altro individuo. Il risultato è che si aumenta la probabilità di successo sulla risposta alle terapie e si riducono gli effetti indesiderati non solo dei farmaci ma anche della stessa nostra alimentazione.

Lei ripete spesso che “il DNA quando cambia non cambia solo per darci le malattie”. Cosa intende?
Ricordiamoci che il DNA quando cambia non cambia solo per darci le malattie ma molto spesso anche per difenderci dalle malattie. La medicina di oggi, quello che dovrebbe andare a studiare, a parte le malattie, è anche come il DNA ci protegge. Io amo ripetere sempre che la nostra ricerca dovrebbe essere quella di analizzare il DNA e studiare il nostro genoma anche per carpire i suoi segreti nel curare le nostre malattie.
Nel DNA c’è anche la strategia che il DNA usa per correggere le cose che non vanno. Più si studia il DNA della popolazione, più si capiscono questi segreti: oggi le terapie geniche che si fanno non le ha inventate nessuno! Abbiamo copiato il DNA di quegli individui che, pur avendo i difetti genetici, avevano anche le strategie per correggerli. E questo vale per tutti i diversi tipi di patologie.

Un approccio che può davvero far risparmiare il Sistema Sanitario?
Assolutamente. Non arrivare ad essere dei malati, ma arrivare a prevenire le malattie, significa far risparmiare tantissimo. Diciamo sempre che tutti abbiamo diritto alla salute ed è giusto, però noi abbiamo anche il dovere di conservarla questa salute! Per far sì che alla fine si arrivi a dover accedere agli ospedali solo in quelle condizioni in cui davvero è impossibile non prevenire la malattia o ritardarla più avanti possibile nel corso degli anni.
Questo deve essere un processo educativo soprattutto per tutti noi, sia per i medici ma ovviamente soprattutto per la popolazione. Se io voglio avere il diritto alla salute devo avere anche il dovere di adottare quelle strategie che mi servono proprio per non arrivare in una situazione di cronicità o di malattia talmente conclamata da richiedere poi quelle terapie che spesso fanno spendere tanti soldi al sistema sanitario.

Facciamo un esempio concreto di come la Medicina di Precisione può cambiare la pratica clinica.
Il primo esempio lo abbiamo avuto nell’ambito dell’oncologia: attraverso la profilazione del tumore e del paziente si arriva a trovare le terapie specifiche target per quel tipo di cancro. E questa modalità la dobbiamo espandere a tutti i tipi di patologie, sicuramente alle patologie neurologiche, le patologie rare, le patologie complesse, la parte cardiovascolare.
Va considerato che esiste un background del DNA che ci dà informazioni precise. Esistono condizioni genetiche, o comunque delle caratteristiche del nostro DNA, che ci dicono esattamente “quel farmaco non lo devi prendere!” oppure “ne devi prendere a un dosaggio diverso affinché diminuiscano quegli effetti collaterali dovuti al farmaco o alle terapie non adeguate”. Rispondere già ad alcuni tipi di terapie senza fare tentativi, senza avere effetti collaterali dannosi, fa sì che ci sia un risparmio ma soprattutto una terapia efficace.

Lei parla spesso di “passaporto farmacogenetico”. Di cosa si tratta?
Il futuro sarà questo: il test genetico per il farmaco lo faranno tutti, sarà veramente diffuso in tutta la popolazione. Ciascuno di noi avrà quello che forse noi vorremmo chiamare il nostro passaporto farmacologico, farmacogenetico. Noi già da subito sapremo quali sono i farmaci che dobbiamo prendere oppure che dobbiamo prendere ad alcuni dosaggi: e questo cambierà totalmente anche la spesa dei farmaci.
Sarà una rivoluzione anche da questo punto di vista, perché ci farà risparmiare. Ci sono già delle linee guida ed esistono già 14 farmacogeni: per cui sappiamo già che alcuni individui devono fare un test genetico prima di prendere un farmaco. La popolazione deve essere educata o comunque deve essere informata anche a questa possibilità. La nostra speranza è che il test genetico per il farmaco diventi un esame accessibile per tutti, grazie al SSN.

Immaginiamo il futuro: come sarà la routine della Medicina di Precisione?
Possiamo vederla da due punti di vista. Supponiamo uno che sta male: arriva in ospedale con una malattia, ad esempio di tipo autoimmunitario. Se non ha fatto la sua profilazione genomica, si fa subito. Stiamo andando incontro a una tecnologia dove probabilmente in quattro ore facciamo un DNA. A quel punto, siccome ho letto il suo DNA, so già quali farmaci biologici può o non può prendere, che dosaggio deve prendere e qual è esattamente il farmaco specifico per lui. Non c’è bisogno di fare grossi tentativi, gli prescrivo la sua terapia e lui va a casa nel giro di pochissimo tempo e starà meglio.
Per chi sta bene invece: se l’individuo decide di fare prevenzione, per esempio di un tumore, non ci sarà bisogno di fare i marcatori tumorali perché preleverò direttamente il plasma, andrò a vedere il suo DNA circolante e saprò se ha un DNA circolante normale oppure se ha un’infiammazione oppure se sta iniziando un tumore. Se vedo che c’è qualcosa in atto, a quel punto non devo fare una terapia antitumorale, devo solo aiutare il sistema immunitario a controllare quei cloni tumorali che stanno partendo in modo che non diventino un tumore vero e proprio.

Parliamo di HEAL Italia. Quale ruolo ha questo progetto?
L’Italia ha un compito importante, perché ha avuto una grande idea: cercare di uniformare il più possibile a livello nazionale questa visione, unire tanti ricercatori nelle varie specialità cliniche per portarli tutti a uno stesso concetto, quello di utilizzare tutte le informazioni per metterle insieme e creare una migliore sanità pubblica per tutti. Il nostro obiettivo è far sì che tutte queste informazioni, di quelle che vengono chiamate oggi le scienze omiche, possano essere applicate su larga scala, in tutte le specialità.
Occorre formazione e una maggiore consapevolezza da parte dei professionisti sanitari perché tutti dobbiamo andare verso la stessa direzione. Non ci dovrebbe essere una medicina di serie A o di serie B, perché noi lo vediamo tutti i giorni che esiste una medicina del nord e una medicina del sud.
E questa rivoluzione parte proprio da quella parte dell’Italia che sembra avere meno strutture ma che in realtà ha avuto le idee migliori. Diciamo che Palermo è stata l’hub della nostra medicina di precisione, quindi le due isole sono state quelle che hanno unito l’Italia!

Molte persone hanno paura della genetica, del “leggere nel DNA”. Come risponde a queste preoccupazioni?
Io dico sempre che non bisogna avere paura del DNA. Nel DNA non ci sono scritte cose negative. Noi siamo sempre convinti che leggere il DNA vuol dire vedere le sfighe, no? Perché se ce l’hai scritto nel DNA è finito. Vi assicuro che nel DNA c’è anche la strategia che il DNA usa per correggere le cose che non vanno.
La paura? Tutti hanno paura che se io leggo il DNA allora chissà che cosa scopro, oppure non mi fanno lavorare. Ovviamente noi siamo dei professionisti, e diremo al paziente quello che ovviamente il paziente in quel momento è in grado di trattare ed in grado di prevenire.
In fondo, quando abbiamo deciso di fare questo lavoro pensavamo di salvare un po’ il mondo, di far stare le persone bene. Facciamo questo lavoro per cercare di far stare meglio le persone. Se per far stare meglio le persone mi posso far aiutare da questo fatidico genoma, ma che c’è di male a conoscere il genoma, che c’è di paura?
Noi abbiamo paura di quello che non conosciamo, però bisogna avere anche il coraggio di sfidare quello che non conosciamo e di cercare di capirlo. Poi magari capiamo 30 oggi, domani capiremo 50, poi capiremo 80 e così via, ma alla fine serve solo per stare meglio

Come vede il medico del futuro?
Tutti i clinici dovranno essere dei genetisti. Dovranno conoscere le scienze omiche, dovranno essere quasi degli informatici. Dovrebbero essere in grado di mettere insieme informazioni cliniche e tecnologia. Dovremmo diventare un po’ fisici, un po’ informatici.
Lavoreremo a stretto contatto con le materie STEM, con figure professionali che per il momento non pensavamo di far lavorare dentro un ospedale. I fisici lavoreranno sempre più in clinica. Ci saranno gli ingegneri che lavoreranno insieme ai medici, ci saranno gli statistici e i matematici, perché il DNA ragiona come un processo matematico, è un codice binario. Gli informatici capiscono molto bene il DNA perché ragiona così. Tutto quello che noi in natura creiamo, lo creiamo perché ce l’abbiamo già all’interno. È semplice.
Il medico del futuro è un medico che non deve perdere l’approccio col paziente, ma l’approccio col paziente sarà completamente differente. Sarà quello che sa anche usare l’intelligenza artificiale, che la sa applicare nella pratica di tutti i giorni. Ma ricordatevi che l’occhio clinico, secondo me, quello non scomparirà mai, anche davanti a un individuo sano.

Un messaggio alle nuove generazioni di medici e ricercatori?
Il nostro compito è far capire quanto è importante rivedere la medicina da un altro punto di vista: unire le scienze omiche con la pratica clinica di tutti i giorni. A quel punto, secondo me, se uno vuole fare il medico è impossibile che non si innamori di questo, è impossibile!
Io penso che chiunque, se gli si fa capire l’importanza di mettere insieme queste cose, non avrà solo voglia di fare le punturine della medicina estetica. Perché, per esempio, se io conosco bene i miei collageni, io so anche come fare molto meglio quelle punturine estetiche. Però se io non studio il DNA, questo non lo so!
Quindi ai nuovi medici dico: fatelo il medico, ma fatelo in questo modo!

In che fase storica ci troviamo secondo lei?
Se penso a come era la medicina quando io ho iniziato a come è oggi, per me è veloce. Secondo me, in questo momento il DNA ci sta facendo fare, per la prevenzione, una rivoluzione. È come se noi vivessimo un momento di grande rivoluzione, è come quando alla fine dell’Ottocento si è vissuta la rivoluzione industriale, è la stessa identica cosa, solo che noi in questo momento non riusciamo a rendercene conto. Stiamo vedendo come questo approccio sta cambiando totalmente il nostro modo di vedere la salute, la vita.
Ricordatevi che tutte le più grandi rivoluzioni non sono mai nate dall’alto. Sono sempre nate da noi. Sono nate sempre dalla popolazione. Quindi se prima di tutto non ne abbiamo consapevolezza noi non possiamo pretendere. Le rivoluzioni si fanno dalla consapevolezza delle persone.
La nuova società che nascerà avrà la medicina di precisione. È inevitabile. Io di questo ne sono strasicura: tanto non si torna indietro!

Per concludere, come definirebbe la Medicina di Precisione con una frase?
La Medicina di Precisione è un modo nuovo di curare che, grazie alla conoscenza del nostro DNA e della nostra storia di salute, permette ai medici di stabilire la cura più adatta per ognuno di noi. È la medicina che ci conosce da vicino e che cura ognuno in modo personale, partendo dal suo DNA.

Qual è il ruolo del genetista in questa rivoluzione?
In realtà qual dovrebbe essere il compito di noi medici genetisti? Io penso che noi siamo i medici dei sani. Il nostro compito è essere i medici delle persone che stanno bene. Il nostro compito dovrebbe essere quello di non avere persone ricoverate negli ospedali se non ovviamente per un trauma.
A cosa serve il genetista? A non farti ammalare! Ecco a cosa serve il genetista. Serve a prevenire le malattie.

La Prof.ssa Giglio partecipa attivamente al progetto HEAL Italia, contribuendo a costruire quella rete nazionale di eccellenza che sta portando la Medicina di Precisione dalla ricerca alla pratica clinica quotidiana, con l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini, da nord a sud, lo stesso accesso a cure innovative e personalizzate.

Prof.ssa Sabrina Giglio

Prof.ssa Sabrina Giglio

Responsabile del Centro di Medicina di Precisione HEAL ITALIA, Cagliari

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