Approccio Multi-Omics e Intelligenza Artificiale nelle Malattie Rare Fibrosanti: Un Network Collaborativo per la Medicina di Precisione

Il progetto coinvolge tre università italiane – Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università di Modena e Reggio Emilia, e Università di Catania – che studiano diversi modelli di malattie fibrosanti: la sclerosi sistemica, la fibrosi polmonare idiopatica e, prospetticamente, anche le malattie mieloproliferative e le fibrosi gastrointestinali immunomediate. Come ha sottolineato il Prof. Moroncini nell’introduzione, l’obiettivo finale è sviluppare algoritmi predittivi per capire, una volta che queste malattie si manifestano, chi progredirà, chi non progredirà, chi deve essere trattato aggressivamente e chi può essere sottoposto solo a follow-up.
La Fibrosi: Un Meccanismo Patogenetico Comune
Il razionale scientifico del progetto si basa sul riconoscimento che, pur essendo malattie diverse con caratteristiche cliniche specifiche, tutte le patologie studiate condividono un meccanismo patogenetico comune: la fibrosi. La fibrosi è un processo caratterizzato dalla deposizione eccessiva di matrice extracellulare, principalmente collagene, che porta alla perdita della normale architettura tissutale e della funzione d’organo.
Nonostante questo meccanismo comune, ogni malattia fibrosante presenta peculiarità molecolari, cellulari e cliniche che devono essere studiate nel dettaglio. L’approccio del progetto prevede quindi di studiare diversi modelli di malattia in parallelo, con l’obiettivo di identificare sia i meccanismi comuni che le differenze specifiche, per poi integrare tutte queste informazioni attraverso algoritmi di intelligenza artificiale.
Il Network Collaborativo: Un Ecosistema Integrato
Il progetto rappresenta un classico esempio di come è articolato il programma di ricerca HEAL ITALIA: università diverse, ricercatori con esperienze complementari, competenze cliniche e di laboratorio che si integrano. Il team include non solo i tre gruppi universitari principali, ma anche numerosi altri ricercatori tra cui la Prof.ssa Bonifazi, la Prof.ssa Orciani e la Prof.ssa Poloni della Politecnica delle Marche, creando una rete multidisciplinare che abbraccia modelli ematologici, polmonari e sistemici di malattie fibrosanti.
Un aspetto particolarmente rilevante, sottolineato dal Prof. Moroncini, riguarda l’impatto che HEAL ITALIA ha avuto sulla formazione e sul reclutamento di giovani ricercatori. Il progetto ha permesso di assumere ricercatori come Davis Benfaremo (medico) e Matteo Mozzicafreddo (biologo) ad Ancona, e la tecnologa Alexandra Agafonova a Catania. Inoltre, ha contribuito all’avvio di un nuovo dottorato nazionale in medicina di precisione, con la filiale dedicata alle malattie rare localizzata ad Ancona, dove sono attivi dottorandi come Carolina Clementi (biologa, attualmente in fellowship al King’s College di Londra), il Dott. Piga (medico) e Barbara Perugini (impegnata in biobanking nelle malattie rare).
La Sclerosi Sistemica: Diagnosi Precoce e Biomarcatori Predittivi
Il Dott. Davis Benfaremo ha presentato i risultati relativi alla sclerosi sistemica o sclerodermia, la malattia fibrosante che il gruppo di Ancona studia da anni. La sclerosi sistemica è una malattia autoimmune sistemica caratterizzata da un’alterazione del sistema immunitario, da danni vascolari e dalla deposizione eccessiva di tessuto fibrotico che può coinvolgere la cute e gli organi interni, in particolare cuore e polmoni.
Il Fenomeno di Raynaud come Spia Precoce
Nella sua fase iniziale, la sclerosi sistemica si presenta tipicamente con il fenomeno di Raynaud, un’alterazione vasomotoria delle estremità (mani, piedi o piramide nasale) indotta dal freddo o da fattori stressanti, caratterizzata da cambiamenti marcati di colore e sintomi di tipo ischemico. Questo fenomeno è molto frequente nella popolazione generale, potendo coinvolgere fino al 5-10% delle persone, più frequentemente donne in età fertile.
Il problema diagnostico centrale risiede nel fatto che nella stessa popolazione in cui si manifesta il fenomeno di Raynaud primario (non associato a malattia sistemica), esistono anche soggetti che hanno il rischio di sviluppare una forma secondaria di fenomeno di Raynaud legata alla sclerosi sistemica. Distinguere precocemente questi due gruppi è fondamentale per la prevenzione secondaria.
La Very Early Diagnosis of Systemic Sclerosis (VEDOS)
Il campo di applicazione della prevenzione, in questo caso di tipo secondario, deve andare a riconoscere le forme cosiddette precoci, definite negli anni come Very Early Diagnosis of Systemic Sclerosis (VEDOS). Queste sono forme in cui è presente il fenomeno di Raynaud, possono esserci alterazioni immunologiche come la presenza di autoanticorpi specifici, alterazioni dei vasi visibili con la capillaroscopia periungueale, ma non si sono ancora manifestate alterazioni fibrotiche a livello degli organi.
È proprio in questa fase precoce che il progetto si propone di applicare nuove strategie preventive usando tecniche molecolari avanzate per identificare i pazienti a rischio di progressione prima che si sviluppino danni d’organo irreversibili.
Approcci Sperimentali Multi-Omics: Trascrittoma e Citochine
Il Dott. Matteo Mozzicafreddo ha presentato gli approcci sperimentali multi-omics messi in pratica nel progetto, resi possibili grazie alla strumentazione acquistata con i fondi HEAL ITALIA. Gli approcci includono il sequenziamento con Next Generation Sequencing (NGS) di RNA totale, l’analisi delle citochine circolanti con saggio immunoenzimatico Bioplex, l’analisi di single-cell transcriptomics e la proteomica, quest’ultime ancora in progress.
Risultati del Sequenziamento dell’RNA Totale
Il team ha studiato tre coorti di pazienti: 17 pazienti con fenomeno di Raynaud primario (PRP), 11 pazienti VEDOS (diagnosi molto precoce di sclerosi sistemica) e 20 pazienti con sclerosi sistemica conclamata (SSc). Il profilo trascrittomico di ogni coorte è stato confrontato con quello di tutte le altre coorti per determinare i geni differenzialmente espressi, considerando un log fold-change di 1 e un false discovery rate (FDR, p-value corretto) di 0.05.
Dall’analisi dei trascritti esclusivi della coorte VEDOS sono emersi due geni particolarmente interessanti. Il primo è ANKHD1, che mostra un’espressione significativamente differente nella coorte VEDOS rispetto a tutte le altre. L’analisi attraverso curve ROC (Receiver Operating Characteristic) ha confermato la capacità discriminante di questo marcatore. Particolarmente interessante è il fatto che due campioni della coorte VEDOS che mostravano livelli di ANKHD1 al di sotto del valore soglia calcolato dalla curva ROC sono successivamente evoluti in sclerosi sistemica conclamata, suggerendo un potenziale valore predittivo del biomarcatore.
Per la coorte di pazienti sclerodermici sono stati identificati quattro geni differenzialmente espressi, tra cui FCGR1A (sovra-regolato, con livelli di espressione superiori rispetto alla coorte Raynaud e ai controlli sani) e TRAV (down-regolato, con livelli inferiori di espressione). Questi trascritti possono fungere da marcatori dell’insorgenza e della progressione della malattia.
Analisi delle Citochine Circolanti
L’analisi delle citochine circolanti attraverso saggio immunoenzimatico ha valutato un pannello di circa 40 citochine. Quattro di queste hanno mostrato livelli statisticamente differenti nelle tre coorti considerate. In particolare, la chemochina CCL17 ha mostrato differenze significative tra le coorti VEDOS e Raynaud, suggerendo un possibile ruolo come biomarcatore per la progressione della malattia dalla fase di semplice fenomeno di Raynaud verso la sclerosi sistemica.
La Piattaforma ADAPTA: Intelligenza Artificiale per la Medicina di Precisione
Uno degli aspetti più innovativi del progetto è rappresentato dall’integrazione dei dati multi-omics e clinici attraverso la piattaforma ADAPTA (Adaptive Data Analysis Platform for Translational Applications), sviluppata dal collega Matteo Rucco nell’ambito di un bando a cascata di HEAL ITALIA. Questo sistema rappresenta un esempio concreto di come l’intelligenza artificiale possa essere applicata alla medicina di precisione.
I Bandi a Cascata: Potenziamento del Partenariato
Come ha spiegato il Prof. Moroncini, i bandi a cascata rappresentavano ulteriori fondi messi a disposizione da HEAL ITALIA per bandi competitivi che prevedessero la partecipazione di altri enti, una sorta di potenziamento del partenariato iniziale. Nel caso di ADAPTA, il partenariato vincitore è pubblico-privato e include la company FIDOCA (esperta in telecomunicazioni), l’Università di Camerino e, di fatto, Matteo Rucco è diventato parte integrante del team di ricerca di Ancona.
Come Funziona ADAPTA
ADAPTA è una piattaforma basata su principi di sicurezza, efficacia, flessibilità e trasparenza (Trustworthy AI By Design). Il sistema parte dalla gestione e normalizzazione delle tabelle contenenti i dati sperimentali e clinici. Da questi dati possono essere evidenziati pattern molecolari distintivi. Inoltre, ADAPTA consente di stratificare i pazienti stimando persino la probabilità di transizione da una classe all’altra.
Questo significa che la stratificazione iniziale dei pazienti in tre coorti (PRP, VEDOS, SSc), basata su criteri clinici tradizionali, potrebbe essere modificata o raffinata da un’analisi globale che integra dati molecolari, clinici e di imaging. L’intelligenza artificiale può identificare sottogruppi fenotipici che non erano evidenti con i criteri diagnostici convenzionali.
Studio Pilota con Dati Ecocardiografici
Un primo esempio di applicazione di ADAPTA ha riguardato uno studio pilota su pazienti PRP, VEDOS e sclerodermici utilizzando dati ecocardiografici. Grazie all’approccio combinato di statistica, topologia e intelligenza artificiale, il sistema è riuscito a identificare tre cluster distintivi che corrispondono a veri e propri fenotipi ecocardiografici.
Questi risultati dimostrano come ADAPTA non solo identifichi cluster statistici, ma porti alla luce fenotipi clinici concreti e utilizzabili per il paziente nel percorso della sua malattia. La vera forza nasce dall’integrazione di dati genetici e clinici, dall’integrazione di competenze diverse (dal medico al data scientist, dal ricercatore di laboratorio) e dall’integrazione di prospettive differenti, tutte orientate al beneficio del paziente e all’offerta di strumenti nuovi per migliorare la qualità delle cure.
La Fibrosi Polmonare Idiopatica: Dal Tessuto ai Biomarcatori
La Dott.ssa Valeria Samarelli, rappresentante del gruppo di Modena coordinato dal Prof. Enrico Clini, ha presentato i risultati relativi alla fibrosi polmonare idiopatica (IPF), una malattia rara, cronica e progressiva che colpisce l’adulto e può portare a morte per insufficienza respiratoria dai 3 ai 5 anni dalla diagnosi.
I Meccanismi Molecolari della Fibrosi Polmonare
Dal punto di vista molecolare, i protagonisti della fibrosi polmonare sono i fibroblasti, cellule normalmente deputate al supporto strutturale del polmone. Tuttavia, nel contesto di una suscettibilità genetica e di esposizioni lavorative o domestiche, questi fibroblasti possono transdifferenziarsi in una forma aberrante denominata miofibroblasto, che inizia a secernere proteine della matrice extracellulare come collagene e fibronectina.
Questa deposizione eccessiva di matrice extracellulare altera sostanzialmente le proprietà biomeccaniche del polmone, rendendolo duro e rigido, con perdita di elasticità. Il polmone perde la capacità di espandersi normalmente durante l’inspirazione, portando i pazienti a morire di insufficienza respiratoria. Il meccanismo molecolare si è progressivamente arricchito nel tempo, e oggi si riconosce l’importanza di altre popolazioni cellulari nello stroma polmonare, incluse le cellule mesenchimali, le cellule immunitarie e le cellule endoteliali.
Studio Retrospettivo: Il Ruolo di HOXB7
Il gruppo di Modena ha iniziato la propria ricerca nell’ambito del PNRR con uno studio retrospettivo sul ruolo della proteina homeobox B7 (HOXB7). Questa proteina, normalmente deputata all’organogenesi durante lo sviluppo embrionale, in ambito patologico è stata associata alla tumorogenesi e alla progressione tumorale.
Il team ha valutato l’espressione di HOXB7 attraverso immunoistochimica su sezioni di tessuto polmonare fissato in formalina e incluso in paraffina (FFPE) di pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica sottoposti a biopsia chirurgica per completamento diagnostico. Nella coorte, necessariamente ridotta data la rarità della malattia, sono stati valutati 19 pazienti affetti da IPF e 5 controlli (parenchima polmonare non fibrotico).
I risultati hanno mostrato che HOXB7 era significativamente più espresso nei pazienti affetti da fibrosi rispetto ai controlli. Inoltre, l’espressione di HOXB7 correlava moderatamente (attraverso correlazione non lineare di Spearman) con il declino della funzionalità polmonare misurata come capacità vitale forzata (FVC) e capacità di diffusione del monossido di carbonio (DLCO). Soprattutto, HOXB7 correlava positivamente con l’estensione della fibrosi alla TAC del torace.
Un’osservazione particolarmente interessante emersa durante il follow-up è stata che uno dei pazienti con la più alta espressione di HOXB7 ha successivamente sviluppato il cancro al polmone dopo 3 anni. Questo ha portato all’apertura di un nuovo progetto di ricerca in collaborazione con Forlì per investigare se questa proteina possa essere un fattore predisponente allo sviluppo di cancro polmonare a seguito della fibrosi polmonare idiopatica.
Proteomica su Tessuto: Identificazione di Nuovi Target
Successivamente, il gruppo ha ampliato il proprio orizzonte applicando un approccio di proteomica attraverso spettrometria di massa per delucidare i meccanismi molecolari alla base della progressione della fibrosi polmonare idiopatica. È stato messo a punto in laboratorio un protocollo per isolare le proteine totali da sezioni FFPE archiviate nell’anatomia patologica.
Lo studio ha confrontato tre gruppi: pazienti con IPF meno severa (stadio 1), pazienti con IPF di grado più severo e controlli (parenchima polmonare non fibrotico da pazienti oncologici sottoposti a lobectomia, con tessuto prelevato in zona distale rispetto al tumore).
Scoperta di Proteine Differenzialmente Espresse
Attraverso liquid chromatography accoppiata a spettrometria di massa, è stato possibile identificare lo spettro proteomico delle tre popolazioni. Sono state identificate proteine comunemente espresse ma differenzialmente regolate tra i tre gruppi. Come atteso, nei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica erano maggiormente sovra-espresse le proteine coinvolte nel rimodellamento della matrice extracellulare, responsabili della deposizione di collagene che rende il polmone duro e rigido.
Sono stati anche identificati altri pathway cellulari alterati, incluse le vie extracellulari, i lisosomi e gli esosomi. Particolarmente rilevanti sono state cinque proteine non note prima d’ora come associate alla fibrosi polmonare idiopatica, che risultavano sovra-espresse nei pazienti con grave compromissione della funzionalità polmonare.
Tra queste, due glicoproteine della matrice extracellulare – Lumican (LUM) e Osteoglicina (OGN) – e due proteine coinvolte nel rimodellamento citoscheletrico – Transgelina 2 (TAGLN2) e Lymphocyte Cytosolic Protein 1 (LCP1). Queste proteine sono particolarmente interessanti perché i fibroblasti subiscono una transdifferenziazione che comporta un rimodellamento citoscheletrico, e si ipotizza che queste proteine intervengano nella prima fase proliferativa e di differenziamento.
Transizione al Tessuto Fresco: Studio Multicentrico
Dopo l’approvazione dello studio da parte dei comitati etici, il gruppo è passato fortunatamente dal tessuto fissato al tessuto fresco. Attualmente è in corso uno studio multicentrico in cui viene analizzato attraverso proteomica e spettrometria di massa il tessuto polmonare fresco di pazienti con interstiziopatia e sospetta fibrosi polmonare idiopatica, confrontato con una coorte controllo.
I dati preliminari hanno mostrato che i pazienti affetti da interstiziopatia non idiopatica ma secondaria a patologie reumatologiche presentano uno spettro proteico che si discosta dai pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica. Questo suggerisce che la proteomica possa diventare in futuro uno strumento diagnostico in grado di discriminare la diagnosi di patologie interstiziali primarie da quelle dovute a patologie reumatologiche.
Isolamento di Fibroblasti da Criobiopsia
Un aspetto tecnicamente molto sfidante del progetto riguarda lo studio dell’unità morfologica e funzionale della fibrosi polmonare idiopatica: i fibroblasti. Il gruppo ha messo a punto un protocollo per isolare fibroblasti vitali da criobiopsia, una tecnica in cui il broncoscopio “strappa” il tessuto polmonare utilizzando il freddo estremo (fino a -80°C).
Come ha sottolineato la Dott.ssa Samarelli, chi lavora con colture cellulari comprende l’enorme difficoltà di isolare cellule vitali da tessuto che è stato portato a -80°C. Nonostante questa sfida, il team è riuscito a caratterizzare queste cellule attraverso un pannello pro-fibrotico, valutando l’espressione di fibronectina 1, collagene 3, collagene 1 e fattore di crescita del tessuto connettivo (CTGF) mediante immunofluorescenza, oltre a un pannello pro-fibrotico valutato attraverso real-time PCR.
In cellule isolate da tre pazienti è stata anche verificata l’over-espressione attraverso real-time PCR delle proteine precedentemente identificate come sovra-espresse attraverso spettrometria di massa, confrontate con cellule controllo (normal human lung fibroblasts).
Prospettive Future: Dalla Trascrittomica alle Terapie Innovative
Le prospettive future del gruppo di Modena sono particolarmente ambiziose. L’obiettivo è procedere con analisi sempre più raffinate, dalla proteomica alla trascrittomica fino al single-cell sequencing di questi fibroblasti. Questi esperimenti includeranno il trattamento con le terapie antifibrotiche standard (pirfenidone e nintedanib), che attualmente sono in grado solo di fermare la progressione della patologia ma non di “curare” le cicatrici già formate nel polmone.
Parallelamente, il gruppo sta sviluppando approcci sperimentali di down-regolazione dei target identificati (come OGN) prima attraverso siRNA (small interfering RNA) e poi attraverso tecnologia CRISPR, con l’obiettivo di validare questi target come potenziali bersagli terapeutici.
Conclusioni del Gruppo di Modena
In sintesi, attraverso la progettualità PNRR il gruppo di Modena ha potuto mettere a punto un protocollo di isolamento dei fibroblasti da criobiopsia che può servire come piattaforma di screening anche per nuove terapie. È emerso che la proteomica può essere uno strumento diagnostico che in futuro potrà discriminare la diagnosi di patologie interstiziali primarie da quelle dovute a patologie reumatologiche. Sono stati individuati due target particolarmente promettenti – OGN e trasgelina 2 – che sono sovra-espressi nei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica e che rappresentano potenziali nuovi target sia prognostici che terapeutici.
Le Vescicole Extracellulari: Il Contributo del Gruppo di Catania
Il Prof. Carlo Vancheri, collegato in diretta dall’aeroporto mentre si preparava a partire per il Congresso Europeo di Malattie Respiratorie ad Amsterdam (insieme ai colleghi Clini e Bonifazi), ha introdotto brevemente il lavoro del gruppo di Catania prima di cedere la parola alla tecnologa Alexandra Agafonova, assunta sui fondi del PNRR.
Il Prof. Vancheri ha sottolineato che seguire questo percorso progettuale è stato molto complesso, non tanto dal punto di vista scientifico-tecnico dove è stata trovata un’intesa molto facile con gli altri gruppi del progetto, ma soprattutto per le vicissitudini e gli ostacoli dal punto di vista amministrativo. Ha riconosciuto che, per il gruppo di Catania, il maggiore risultato è stato finalmente quello di aver potuto procedere a tutti gli acquisti di strumentazione e di aver potuto assumere la Dott.ssa Agafonova.
Il gruppo di Catania ha scelto di seguire una strada lievemente diversa rispetto al gruppo di Modena, proprio per evitare sovrapposizioni, spostando il focus soprattutto sulle cellule endoteliali e sulle vescicole extracellulari.
Studio delle Vescicole Extracellulari come Biomarcatori del Danno Endoteliale
La Dott.ssa Alexandra Agafonova ha presentato i risultati riguardanti lo studio delle vescicole extracellulari circolanti (EVs) come biomarcatori del danno endoteliale nella fibrosi polmonare idiopatica. La ricerca prende spunto da uno studio recente del Prof. Vancheri e della Prof.ssa Caporarello condotto su un modello murino di fibrosi polmonare indotta da bleomicina.
In questo studio era stato dimostrato che il trattamento con vescicole extracellulari circolanti provenienti da soggetti sani è in grado di proteggere dal danno endoteliale e ridurre la progressione della fibrosi indotta da bleomicina. Questo risultato ha aperto una prospettiva terapeutica completamente nuova e ha motivato gli approfondimenti successivi.
Le Vescicole Extracellulari come Messaggeri Intercellulari
Le vescicole extracellulari circolanti rappresentano dei veri e propri messaggeri tra le cellule. Al loro interno trasportano soprattutto microRNA che riflettono lo stato della cellula di origine, rendendole candidati marcatori molto promettenti nella ricerca di biomarcatori per questa malattia. Alla luce di questo ruolo importante delle EVs, il progetto mira a investigare il loro potenziale come biomarcatori del danno endoteliale nella fibrosi polmonare idiopatica.
Procedura Sperimentale Sviluppata
Il team ha sviluppato una procedura sperimentale dedicata all’isolamento, caratterizzazione e analisi del cargo delle vescicole extracellulari, così da poter studiare i loro effetti sull’endotelio polmonare in test in vitro. Parallelamente, una seconda linea del progetto riguarda i fibroblasti provenienti da biopsie di pazienti controllo e pazienti con IPF, che permetteranno di studiare il loro effetto sull’endotelio polmonare nei modelli in vitro, così da avere un quadro completo delle interazioni cellulari nella fibrosi polmonare.
Creazione della Biobanca e Isolamento delle EVs
Il primo passo è stato la creazione di una biobanca di campioni di siero di pazienti controllo e pazienti con IPF. Successivamente, le vescicole extracellulari circolanti sono state isolate utilizzando il metodo di size exclusion chromatography, che permette di isolare una frazione pura di EVs separandole da altre componenti del siero sulla base delle loro dimensioni.
Caratterizzazione delle Vescicole Extracellulari
Una volta ottenute le EVs, queste sono state caratterizzate in termini di dimensioni e concentrazione utilizzando il metodo NTA (Nanoparticle Tracking Analysis). I risultati hanno confermato un range tipico delle piccole EVs con dimensioni inferiori a 150 nanometri. È stato possibile visualizzare anche il flusso delle vescicole nei campioni.
Inoltre, le EVs sono state caratterizzate per i marcatori specifici di superficie CD63 e CD9. I risultati della citofluorimetria hanno mostrato una popolazione chiaramente positiva per entrambi i marcatori, confermando così l’identità delle EVs ottenute e la purezza della preparazione.
Studio del Cargo: MicroRNA e Digital PCR
Successivamente, una volta ottenute e caratterizzate le vescicole, il team ha iniziato a studiare il loro cargo molecolare. È stato messo a punto e ottimizzato il protocollo per l’estrazione dei microRNA e la loro analisi con digital PCR, una tecnica più sensibile rispetto alla PCR convenzionale, particolarmente importante considerando le ridotte quantità di materiale all’interno delle EVs.
In questa parte del progetto, il team si sta concentrando principalmente sui target più strettamente collegati al danno endoteliale nella fibrosi polmonare. Come ha specificato la Dott.ssa Agafonova in risposta a una domanda dalla platea, tra i microRNA studiati è incluso il miR-126-3p, uno dei microRNA più rilevanti quando c’è danno endoteliale e che partecipa anche al riparo e all’attività dell’endotelio. La lista completa dei microRNA studiati è molto più ampia e include numerosi altri microRNA che regolano geni strettamente endoteliali. Questa parte del progetto è ancora work in progress.
Sistema In Vitro con Cellule Endoteliali Polmonari
In parallelo, è stato messo a punto un sistema in vitro con cellule endoteliali polmonari per studiare gli effetti dei microRNA veicolati dalle EVs. Prima di tutto, era necessario verificare l’internalizzazione delle EVs da parte delle cellule endoteliali. Per questo, le vescicole sono state marcate con un colorante fluorescente specifico e incubate con le cellule.
Già dopo 3 ore di incubazione, l’imaging confocale ha confermato una forte internalizzazione delle EVs, con il segnale fluorescente localizzato nella zona perinucleare. Questo suggerisce un trafficking intercellulare molto attivo, confermando che le vescicole vengono effettivamente captate dalle cellule endoteliali e il loro contenuto può essere rilasciato all’interno delle cellule target. Successivamente, in questa parte del progetto verrà studiata anche la risposta funzionale dell’endotelio a questo trattamento.
Biobanca di Biopsie e Fibroblasti
Parallelamente alla parte sui biomarcatori delle EVs, il team ha creato anche una biobanca di biopsie polmonari da cui sono stati isolati fibroblasti IPF e fibroblasti controllo. Questi fibroblasti sono stati caratterizzati per l’espressione di α-SMA (Alpha Smooth Muscle Actin), un marcatore tipico dei fibroblasti attivati e dei miofibroblasti.
Modello On-Chip della Barriera Polmonare
Attualmente, il team sta sviluppando un modello on-chip della barriera polmonare dove verranno messi in co-coltura questi fibroblasti con le cellule endoteliali. Questo modello rappresenta un sistema che consente la formazione di veri e propri vasi all’interno di un device microfluidico, come mostrato dalle immagini confocali presentate.
Questo approccio permette di valutare in maniera più fisiologicamente rilevante l’effetto dei fibroblasti sull’endotelio polmonare, ricreando un microambiente tridimensionale che simula meglio le condizioni in vivo rispetto alle colture cellulari bidimensionali tradizionali. Lo studio di queste interazioni cellulari in un sistema microfluidico rappresenta la frontiera tecnologica della ricerca in vitro e permetterà di comprendere meglio i meccanismi di cross-talk tra fibroblasti ed endotelio nella patogenesi della fibrosi polmonare.
Integrazione dei Risultati: Un Approccio Veramente Multi-Omics
Come ha sottolineato il Prof. Moroncini nelle sue considerazioni finali, tutte le informazioni generate dai diversi gruppi su diversi modelli di malattia verranno opportunamente integrate e confrontate. Il titolo del task – “Multi-omics and AI approach in rare diseases” – riflette esattamente questa strategia integrativa.
È importante capire quali siano le differenze molecolari tra un tipo di fibrosi e un altro, tra un certo modello di malattia fibrosante e un’altra. Allo stesso tempo, è cruciale identificare i meccanismi comuni che potrebbero rappresentare target terapeutici trasversali applicabili a diverse patologie fibrosanti.
Vantaggi Comparativi dei Diversi Modelli
Ogni modello di malattia studiato offre vantaggi e opportunità specifiche. Per esempio, nella fibrosi polmonare idiopatica c’è l’enorme vantaggio di poter studiare le criobiopsie polmonari, che nella sclerodermia normalmente non si fanno come routine. Tuttavia, nella sclerosi sistemica ci sono altri tessuti facilmente accessibili come la cute, che possono fornire informazioni complementari.
Questa diversità di approcci e di tessuti studiabili arricchisce enormemente il progetto, permettendo di validare i risultati su modelli diversi e di identificare biomarcatori e meccanismi che possono essere applicabili attraverso diverse patologie fibrosanti. Il progetto sta anche studiando le malattie mieloproliferative, caratterizzate da proliferazione eccessiva a livello del midollo osseo, e si propone di estendere gli studi anche alle fibrosi gastrointestinali, soprattutto quelle con componente immunomediata a livello epatico.
L’Impatto di HEAL ITALIA: Oltre i Risultati Scientifici
Il Prof. Moroncini ha tenuto a sottolineare più volte durante la presentazione che le sue precisazioni non erano autocelebrative, ma miravano a mettere in luce la valenza e l’impatto di HEAL ITALIA nell’ecosistema della ricerca italiana. Il progetto rappresenta infatti un sistema inclusivo che offre nuove partnership e nuove opportunità di formazione ai giovani ricercatori.
I Bandi a Cascata: Un Modello di Crescita Inclusiva
Il meccanismo dei bandi a cascata rappresenta un esempio virtuoso di come un grande progetto possa generare ulteriori opportunità competitive. Nel caso specifico, il bando vinto per lo sviluppo della piattaforma ADAPTA ha portato alla creazione di un partenariato pubblico-privato che include la company FIDOCA (esperta in telecomunicazioni), l’Università di Camerino e, di fatto, nuovi ricercatori come Matteo Rucco che sono diventati parte integrante del network HEAL ITALIA.
Questo approccio crea un effetto moltiplicatore: non solo vengono finanziati ricercatori e strumentazione nei centri principali, ma si creano anche opportunità per altri enti di entrare nel partenariato, portando competenze complementari e creando una rete sempre più ampia e articolata.
Il Dottorato Nazionale in Medicina di Precisione
Un altro risultato importante di HEAL ITALIA è stato l’avvio di un nuovo dottorato nazionale dedicato alla medicina di precisione. La filiale dedicata alle malattie rare è stata localizzata ad Ancona, dove sono attivi diversi dottorandi: Carolina Clementi (biologa, che durante l’evento stava iniziando una fellowship al King’s College di Londra), il Dott. Piga (medico) e Barbara Perugini (impegnata in un progetto di biobanking nelle malattie rare).
Questa iniziativa garantisce non solo risultati scientifici nel breve termine, ma anche la formazione di una nuova generazione di ricercatori specializzati in medicina di precisione, assicurando la sostenibilità e la continuità di questo approccio anche dopo la conclusione del finanziamento PNRR.
L’Acquisto di Strumentazione Avanzata
Un aspetto fondamentale sottolineato da tutti i relatori riguarda l’acquisizione di strumentazione avanzata grazie ai fondi HEAL ITALIA. Il sequenziamento di nuova generazione (NGS), la spettrometria di massa, i sistemi di analisi multiplex delle citochine, i microscopi confocali, i dispositivi microfluidici – tutta questa strumentazione è stata resa disponibile grazie al progetto e rappresenta un investimento duraturo che continuerà a generare risultati anche negli anni futuri.
Come ha evidenziato il Prof. Vancheri per il gruppo di Catania, uno dei maggiori risultati è stato proprio quello di aver potuto procedere a tutti gli acquisti necessari, superando le non poche difficoltà amministrative che hanno caratterizzato il percorso.
Sfide e Prospettive: I Prossimi Tre Mesi Decisivi
Al momento della presentazione (settembre 2025), il progetto era ancora in corso con risultati in itinere. Come ha sottolineato il Prof. Moroncini, rimanevano ancora tre mesi pieni di tempo per completare gli esperimenti e uno o due mesi finali per integrare i risultati. Era necessario “correre” per rispettare le scadenze del progetto.
Nei mesi successivi all’evento erano previsti meeting molto fitti tra tutti i gruppi proprio per concludere il progetto e integrare i diversi tipi di dati: trascrittomici, proteomici, di imaging, clinici e di citochine circolanti. Tutti questi dati dovevano confluire nella piattaforma ADAPTA per l’analisi integrata attraverso intelligenza artificiale.
Gli Obiettivi Finali: Algoritmi Predittivi per la Pratica Clinica
L’obiettivo ultimo del progetto rimane quello inizialmente dichiarato: sviluppare algoritmi predittivi che, una volta che queste malattie si manifestano, permettano di identificare chi progredirà rapidamente, chi avrà una progressione più lenta, chi deve essere trattato in modo aggressivo e chi può essere sottoposto solo a un attento follow-up.
Questo approccio di stratificazione del rischio rappresenta l’essenza della medicina di precisione applicata alle malattie rare fibrosanti. Invece di trattare tutti i pazienti allo stesso modo, l’obiettivo è personalizzare le strategie terapeutiche sulla base del profilo molecolare, genetico e clinico individuale, ottimizzando il rapporto rischio-beneficio delle terapie e migliorando gli outcome clinici.
Potenziali Applicazioni Cliniche
I risultati del progetto hanno già identificato diversi biomarcatori promettenti che potrebbero essere tradotti in applicazioni cliniche:
Per la sclerosi sistemica, il gene ANKHD1 potrebbe diventare un biomarcatore per identificare precocemente i pazienti VEDOS a rischio di progressione verso la sclerosi sistemica conclamata, permettendo interventi preventivi in una fase in cui la malattia è ancora potenzialmente modificabile. La chemochina CCL17 potrebbe essere utilizzata come marcatore di progressione dalla fase di fenomeno di Raynaud verso la malattia sistemica.
Per la fibrosi polmonare idiopatica, le proteine OGN e trasgelina 2 rappresentano non solo potenziali biomarcatori prognostici, ma anche possibili target terapeutici. La proteomica potrebbe diventare uno strumento diagnostico per discriminare le forme idiopatiche dalle forme secondarie a patologie reumatologiche. HOXB7 potrebbe essere un marcatore di rischio per lo sviluppo di cancro polmonare nei pazienti con fibrosi.
Le vescicole extracellulari circolanti e il loro cargo di microRNA potrebbero diventare biomarcatori minimamente invasivi del danno endoteliale e della progressione della fibrosi polmonare, oltre a rappresentare un potenziale approccio terapeutico innovativo basato sulla somministrazione di EVs da donatori sani.
L’Importanza dell’Integrazione Clinico-Laboratoristica
Un elemento che è emerso chiaramente da tutte le presentazioni è l’importanza dell’integrazione tra competenze cliniche e di laboratorio. Come ha sottolineato il Prof. Moroncini presentando i due primi relatori, il progetto beneficia della “proficua interazione fra clinici e persone di laboratorio”: Davis Benfaremo è un medico, Matteo Mozzicafreddo è un biologo, e questa complementarietà di competenze è fondamentale.
I clinici portano la conoscenza della malattia, identificano i bisogni insoddisfatti, reclutano i pazienti e raccolgono i dati fenotipici. I biologi e i tecnologi sviluppano le metodiche molecolari, generano i dati omici e interpretano i risultati dal punto di vista biochimico e molecolare. I data scientist come Matteo Rucco integrano questi diversi tipi di dati attraverso algoritmi di intelligenza artificiale. È solo dall’integrazione di tutte queste competenze che può emergere una vera medicina di precisione.
Conclusioni: Un Modello di Collaborazione per la Medicina di Precisione
Il Task 4.3 del progetto HEAL ITALIA rappresenta un esempio paradigmatico di come la medicina di precisione possa essere applicata alle malattie rare attraverso un approccio collaborativo multi-centrico. Il “coro polifonico” immaginato dal Prof. Moroncini si è concretizzato in una rete di ricerca che integra tre università italiane, ciascuna con le proprie specificità e competenze, unite dall’obiettivo comune di comprendere e trattare meglio le malattie fibrosanti.
L’approccio multi-omics – che combina trascrittómica, proteomica, studio delle vescicole extracellulari e analisi delle citochine – permette di ottenere una visione completa e multidimensionale dei meccanismi patogenetici della fibrosi. L’integrazione di questi dati attraverso piattaforme di intelligenza artificiale come ADAPTA rappresenta la frontiera della ricerca biomedica contemporanea e promette di identificare pattern e associazioni che sarebbero impossibili da rilevare con approcci tradizionali.
I risultati presentati, pur essendo ancora in itinere, sono già estremamente promettenti e hanno identificato numerosi biomarcatori candidati e potenziali target terapeutici. L’identificazione di fasi precoci di malattia (come VEDOS nella sclerosi sistemica) e lo sviluppo di strumenti per predire la progressione rappresentano passi fondamentali verso una gestione clinica più personalizzata e proattiva di queste patologie devastanti.
Oltre ai risultati scientifici, il progetto ha avuto un impatto significativo sull’ecosistema della ricerca italiana, permettendo l’assunzione di giovani ricercatori, l’acquisto di strumentazione avanzata, l’avvio di un dottorato nazionale in medicina di precisione e la creazione di nuove partnership pubblico-private attraverso i bandi a cascata. Questo modello di investimento nella ricerca, reso possibile dai fondi PNRR attraverso HEAL ITALIA, rappresenta un esempio virtuoso di come i finanziamenti pubblici possano generare non solo avanzamenti scientifici ma anche sviluppo di competenze, infrastrutture e reti collaborative durature.
Come hanno ribadito tutti i relatori, ringraziando i numerosi collaboratori dei loro team, questo è un lavoro veramente collettivo che richiede l’integrazione di molteplici competenze e prospettive, tutte orientate verso l’obiettivo finale di offrire ai pazienti affetti da malattie fibrosanti strumenti nuovi per migliorare la diagnosi, la prognosi e, soprattutto, la qualità delle cure e della vita.




