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Non esiste un DNA perfetto: la medicina di precisione è per tutti

Non esiste un DNA perfetto: la medicina di precisione è per tutti
Intervista al Prof. Giuseppe Novelli: dalla diagnosi delle malattie rare alla medicina proattiva del futuro Genetista al Policlinico di Tor Vergata e professore ordinario di Genetica Medica, il Prof. Giuseppe Novelli è stato uno dei primi in Italia a utilizzare il DNA per la diagnosi delle malattie. Scopritore delle cause di numerose malattie rare e comuni come la psoriasi, la sclerosi e l'infarto, oggi dirige la UOC di Genetica Medica e ha attivato, grazie a HEAL Italia, il primo ambulatorio pubblico di medicina predittiva in Italia.

Professor Novelli, ci presenta il suo percorso nella genetica medica?
Sono genetista al Policlinico di Tor Vergata, dove rivesto il ruolo di direttore della UOC di Genetica Medica, oltre ad essere professore ordinario di Genetica Medica da tantissimo tempo. Mi occupo da anni di DNA, direi che sono stato uno dei primi in Italia a utilizzarlo per la diagnosi delle malattie, soprattutto quelle rare e quelle senza un nome, ovvero senza una diagnosi.
La rivoluzione del DNA, ovvero della possibilità di utilizzare il DNA come test, ha cambiato spesso la vita di questi pazienti perché ha aperto non solo la strada ad avere una diagnosi e finire quello che era un’odissea di ospedali in giro per il mondo – finalmente c’è un nome alla malattia che è riconosciuta – ma poi apre le prospettive e le possibilità di cura.
In modo particolare mi sono occupato delle malattie ereditarie, e ho scoperto le cause di moltissime malattie rare, di malattie comuni come la psoriasi, la sclerosi, l’infarto, perché, come diceva un mio amico americano Francis Collins, si ricordi che tutte le malattie dell’uomo hanno una base genetica, su questo non c’è dubbio.

Quando parliamo di Medicina di Precisione, a chi è rivolta esattamente?
Diciamo che sono due tipologie diverse. La medicina di precisione è la medicina del futuro. Ma cos’è la medicina del futuro? Perché è già oggi, non è poi del futuro in realtà. È quella che noi chiamiamo la medicina proattiva.
Finora cos’era la medicina? Aspettavamo il sintomo, la diagnosi e dove possibile la cura. Ecco questo però è tardivo perché tu intervieni quando si è già instaurata la malattia. Quali sono le indicazioni nuove? Che tu devi cercare di intervenire prima che la malattia insorga o che manifesti i sintomi per cercare quindi di rallentarne, di curarne o di evitarne l’esplosione o la gravità.
Come si può fare tutto questo? Non certo con l’indovino o andare dal mago. Oggi abbiamo la scienza che ci aiuta a far questo, che si basa sulla conoscenza individuale. Perché di precisione? Perché ognuno di noi è diverso da un altro. Due individui uguali non sono mai esistiti su questa terra. Lei pensa che nemmeno i gemelli monozigoti, cioè quelli identici, sono uguali in tutto e per tutto. Hanno delle differenze nel DNA anche loro.

Quindi la medicina di precisione funziona diversamente per malati e per persone sane?
Esatto. Nei pazienti, cioè nei malati, dove si conosce la malattia e il danno genetico, oggi disponiamo di farmaci che funzionano solo su quella persona. È come dire il farmaco giusto per la giusta persona. Molti dei farmaci oncologici oggi vengono fatti su questa base. Non è come una volta nella chemioterapia, uguale per tutti, che ha fatto un sacco di danni ma perché non sapevamo che c’erano persone che reagivano in un modo o in un altro.
Oggi fortunatamente sappiamo a chi somministrare un certo farmaco e a chi no e sappiamo addirittura se quel farmaco può dare degli eventi avversi e quindi cambiarne la dose. Per ognuno di noi può essere necessaria una dose diversa, una quantità di farmaco diversa e una reazione differente sia nell’efficacia che nell’evento avverso.
Ma qualcuno dice: ci potrà essere una medicina di precisione per i sani? Allora qui è un po’ diverso, si chiama medicina predittiva perché tu non sei ancora malato, quindi non hai bisogno della medicina. Che cosa valuti lì? Sei a rischio di poter sviluppare o meno una malattia. Perché? Perché magari hai qualcosa che si trasmette nella famiglia, perché hai avuto un papà, una mamma, uno zio, un fratello con una malattia genetica e quindi vuoi sapere se l’hai ereditato o meno.

L’ambiente gioca un ruolo importante in tutto questo?
Assolutamente. Se vivi in un ambiente di rischio particolare – esposto a radiazioni, esposto a farmaci, a contaminazione ambientale, a inquinamento – il tuo genoma può reagire in maniera diversa. Tutto questo fa la medicina predittiva e ti mette in condizione addirittura di cambiare il tuo stile di vita, perché non ci dimentichiamo che il DNA è importante ed è alla base di tutto, però l’ambiente è quello che fa poi la differenza.
Quando vengono da me soggetti che vogliono sapere se sono a rischio e troviamo dei fattori di rischio per malattie come l’infarto, l’aterosclerosi, il diabete, l’Alzheimer, il Parkinson, uno può dire “ma cosa possiamo fare?” Beh, si può fare molto: per esempio cambiare stile di vita, non fumare, fare attività fisica che è la cosa più importante, assumere determinati farmaci se sono necessari. Questo ci porta a ritardare l’evoluzione della malattia cronica e debilitante.

Lei ha menzionato il diabete come esempio…
Esatto. Questo è quello che noi chiamiamo la medicina proattiva che sarà importantissima nei prossimi anni perché porterà a ridurre enormemente il peso sulla sanità pubblica di queste malattie. Lei pensi: ci aspettiamo una pandemia da diabete nei prossimi anni, ci aspettiamo 400 milioni di persone ammalate di diabete nel mondo. E come li gestiamo? E così l’obesità, che è una malattia, non ci dimentichiamo. Oggi abbiamo gli strumenti per capire in modo preciso a chi deve fare determinati test o no.

Per i ricercatori quanto è stimolante tutto questo?
È fondamentale perché ci ha permesso di capire che l’individualità biologica è alla base di tutto e ci ha permesso di capire che ognuno di noi è diverso da un altro. Finalmente così riusciamo a capire perché ad alcuni hanno manifestato certe malattie e altri no.
La medicina da quando è nata si faceva solo tre domande: primo, perché uno si ammala e uno no? Due, perché il farmaco su di me funziona e su un altro no? Tre, perché quel farmaco a me fa avere delle reazioni avverse e a un altro no? Se lei guarda queste tre domande, c’è tutta la medicina dentro. Oggi abbiamo la risposta e la risposta si sta scoprendo sempre di più per tutte le malattie, e questo lo devono fare i ricercatori.

Ma c’è il rischio che la medicina predittiva diventi un “genoscopo”, come lo chiama lei?
Questo è molto importante. La medicina di precisione predittiva va somministrata nei centri giusti e soprattutto attraverso una fase che è cruciale: quella della consulenza genetica pre-test – vede che ho detto pre-test, prima di fare il test – e poi con la consulenza post-test, come facciamo noi nel nostro centro.
Quello che è sbagliato di questa medicina predittiva è che purtroppo l’uso commerciale ti dice “mandami il DNA”, magari su internet compri il kit, fai la saliva a casa e lo spedisci magari nel Wisconsin dove poi arriva la risposta, 300 pagine in inglese dei fattori del DNA, e questi pazienti arrivano da noi e dicono “ma che devo fare?”
Ma non si può fare così la medicina di precisione se tu non sai la storia clinica di quel paziente o di quel soggetto, della sua famiglia, di che cosa sono eventualmente morti o ammalati i genitori, gli zii, i fratelli o lui stesso. Come si fa a fare la medicina predittiva senza visitare una persona? Ecco questo è un modo sbagliato, è quello che io chiamo non la genetica, ma lo chiamo il genoscopo, è una sorta di oroscopo.

Ci sono già persone che si sottopongono a questi test?
Se guardiamo nell’ambiente mondiale ci sono delle società come la 23andMe, quella del signor Google negli Stati Uniti, che questo test l’ha offerto da tanto tempo. Ci sono più di 15 milioni di persone che l’hanno fatto, quindi si immagini, c’è tutto il loro DNA là dentro depositato.
Noi che usiamo questo approccio molto razionale – consulenza pre-test e post-test – ovviamente lo facciamo tenendo conto delle situazioni. I pazienti che hanno una malattia hanno un percorso stabilito di rimborso regionale dove è previsto e questi test praticamente non pagano niente o pagano il ticket. Poi ci sono test che non sono inseriti nel tariffario e che sono invece a carico del soggetto. Noi, essendo un ospedale pubblico, abbiamo aperto un ambulatorio di medicina predittiva dove alcuni test che non sono rimborsabili se li pagano, ma è chiaro che le tariffe sono contenute.

Qual è stato il contributo di HEAL Italia al vostro lavoro?
Un prodotto di questo progetto del PNRR è stato proprio aver attivato l’ambulatorio di medicina predittiva, che non c’era. Noi siamo l’unica struttura pubblica che ha fatto questa sperimentazione e questo è stato possibile realizzarlo grazie al contributo di HEAL Italia che naturalmente ci ha aiutato con il finanziamento e con l’idea.
Nel progetto abbiamo cercato di mettere insieme la nostra expertise per capire come si fa la medicina predittiva di precisione, attivando un ambulatorio ad esempio, oppure studiando malattie molto importanti come le malattie autoimmuni, come la psoriasi, come la sclerosi multipla e come il lupus, che sono malattie delle quali sappiamo che la genetica è importante ma non basta.

Ci ha parlato di epigenetica. Può spiegarci meglio?
Questa linea di ricerca ci ha permesso di capire che c’è una parte dell’ambiente, dello stile di vita, della nutrizione, dell’alimentazione che influenza moltissimo queste malattie. Perché? Perché agisce sul DNA non cambiandolo ma rivestendolo. Quello che si chiama epigenetica, cioè come io lo chiamo per i miei studenti: il vestito che indossano i geni.
Lei sa che il DNA non è nudo nelle nostre cellule, si veste. È chimica questo vestito e questo fa la differenza. Lei pensa: lo stilista Armani ti veste in un certo modo, tu ti vai a comprare in un’altra cosa e sei diverso ma sei sempre la stessa persona. Ecco, l’epigenetica fa questo, nello stesso DNA si può rivestire in modi diversi e reagire in modi diversi.
Grazie alle ricerche di HEAL Italia, lo stiamo dimostrando per alcune malattie come la psoriasi, l’artrite reumatoide, oggetto della nostra ricerca.

Immaginiamo il futuro: la medicina di precisione è diventata routine. Come potrebbe essere la giornata di una persona?
Rispondo a questa domanda dicendo così: si diceva una volta alle persone “vuoi vivere di più e a lungo? Scegliti i genitori giusti”. Ora è chiaro che nessuno si può scegliere i genitori giusti, però cosa può fare una persona? Guarda subito nella sua famiglia che situazione c’è e dice “però io ho avuto uno zio con l’Alzheimer, uno zio con un ictus oppure con molti casi di cancro, ma non è che io e i miei figli siamo a rischio?”
Quindi la prima cosa è che si pone lui la domanda: ma io sono a rischio di qualcosa? Tenga presente che tutti noi siamo a rischio di qualcosa perché non esiste un DNA perfetto. Quando nasciamo, noi nasciamo con almeno 100 mutazioni diverse non presenti nei genitori.
Poi si chiede: io devo fare un lavoro, il radiologo, quindi a contatto con le radiazioni, ma mi fa male l’esposizione a questi raggi? E a chi lo chiedo se non al genetista? Oppure ha intenzione di riprodursi: io ho trovato finalmente la persona con cui voglio fare dei figli, ma nella famiglia mia e nella famiglia della mia compagna ci sono malattie genetiche che girano e i nostri figli sono a rischio? Di cosa? Possiamo fare qualche test prenatale per prevenirli? Sì, è la risposta.

Quando una persona dovrebbe rivolgersi a un genetista?
Queste persone devono chiedere quello che io ho chiamato la consulenza pre-test, che non è altro che un colloquio, cioè è un foglio, una matita in cui noi disegniamo l’albero genealogico e parliamo con le persone. E quando lo devono fare? Quando hai una certa età, quando hai casi in famiglia di malattie genetiche o di molti casi di una certa malattia – più diabetici, più persone con malattie cardiovascolari – oppure quando hai deciso di riprodurti.
Poi ci sono persone che vengono da noi anche per avere quello che ho chiamato i test prognostici. Per esempio, uno ha un tumore alla prostata ma il suo urologo gli dice “forse puoi ancora conviverci oppure è aggressivo, devo intervenire subito e togliere tutto chirurgicamente?” Ecco, allora noi possiamo aiutare questi soggetti. Oggi c’è un test che ci dice, entro certi limiti, la tua probabilità che quel tumore evolva rapidamente o è lento. Questo fa la differenza. Molti chiedono questo test e non si sottopongono, d’accordo con l’urologo, all’intervento chirurgico e fanno una vigile attesa, cioè lo controllano ogni sei mesi.
La stessa cosa accade per le donne a rischio di cancro della mammella che hanno avuto una mamma, una zia che ha avuto il tumore. Loro sono positive ma dicono “bene, ma quanto è grave questo? Posso fare delle prevenzioni?” E i tumori della tiroide, lo stesso. Abbiamo oggi sistemi in cui uno singolarmente, in base a queste cose, può praticare questi test di precisione.

Secondo lei, quando diventerà normalità per tutti?
Per me già oggi di fatto già lo siamo, perché in alcuni settori ovviamente ancora un po’ meno in altri, ma nel settore oncologico – non dico che tutti gli ospedali lo praticano ovviamente perché ci sono naturalmente questioni di strutture, di competenze – ma normalmente la sensibilità sta aumentando in questa direzione.

Quali saranno le figure professionali più importanti in futuro?
Allora, questo lo dice anche il Ministero della Salute: ogni test genetico deve essere somministrato nella struttura di genetica medica e il genetista con specializzazione in genetica medica può prescrivere questi esami. Poi ci sono altri esami che si fanno d’intesa in équipe.
Per esempio per i tumori oggi esistono in molte strutture quello che si chiama il Molecular Tumor Board. Cos’è? È un gruppo di figure altamente specializzate che dialogano tra loro con competenze diverse e dicono “sì, tu hai fatto il DNA, hai trovato questo, io potrei dare questo farmaco o fare queste analisi biochimiche in più per capirne un po’ di più”.
Questo team è la base della medicina di precisione e fortunatamente in Italia sono stati istituiti da un anno e mezzo, ma devono diventare operativi. Speriamo presto che arrivino i finanziamenti giusti alle regioni per attivare i Molecular Tumor Board, che permettono alle persone che hanno avuto una diagnosi in un qualunque ospedale di entrare nei trial clinici, nelle sperimentazioni.

Un messaggio per la nuova generazione di medici?
Studiare il più possibile e soprattutto lasciar perdere internet, ma comprare i libri, perché io vedo ancora troppa gente che va a studiare sull’intelligenza artificiale. Per carità, va benissimo, anch’io la uso, ma bisogna stare molto attenti alle nozioni che vengono erogate da questi sistemi, che spesso non sono filtrate, sono errate. Quindi tu puoi fare la ricerca su AI, ma poi vai a verificare. Questo è molto importante, soprattutto leggere i libri e continuare a studiare.
Oggi un medico deve avere competenze trasversali, che non sono solo quella della medicina, del sintomo e della diagnosi, ma deve avere competenze anche di informatica, di bioinformatica. Questa è una nuova scienza che non c’era prima nella medicina. Oggi non si può fare uno studio senza il bioinformatico in nessun ospedale.
Tutte queste grandi conoscenze di DNA, di RNA, di proteine, sono tutte in database che a volte li sanno manovrare solo degli esperti di bioinformatica. Allora non dico che tutti i medici devono diventare esperti di bioinformatica, ma sapere che c’è e sapere dove andare e a chi rivolgersi.

Il Prof. Novelli e il suo team al Policlinico di Tor Vergata continuano a essere pionieri nella medicina di precisione in Italia, dimostrando come la ricerca scientifica, unita alla pratica clinica attenta e personalizzata, possa davvero cambiare la vita dei pazienti e trasformare il sistema sanitario verso un approccio più proattivo ed efficace.

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