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Officine per la Medicina di Precisione: dove la ricerca diventa cura

Officine per la Medicina di Precisione: dove la ricerca diventa cura
Dott.ssa Laura Leonardis

Dott.ssa Laura Leonardis

Direttore Generale
Intervista a Laura Leonardis: come HEAL Italia sta costruendo il luogo fisico e digitale che porta l'innovazione negli ospedali e la medicina personalizzata a tutti i cittadini. Direttore Generale della Fondazione HEAL Italia, Laura Leonardis coordina il polo di innovazione nazionale per la medicina di precisione nato dal PNRR. Un progetto che coinvolge oltre 600 ricercatori, 80 partner distribuiti su tutto il territorio italiano e otto network tematici che mettono in filiera scienze omiche, modelli predittivi, terapie geniche e intelligenza artificiale. Oggi presenta l'evoluzione naturale di questo programma: le Officine per la Medicina di Precisione, il luogo dove ricerca, tecnologia e clinica si incontrano per trasformare il modo in cui curiamo e preveniamo le malattie.

Dottoressa Leonardis, partiamo dall’inizio. Cos’è HEAL Italia e qual è la sua missione?
La Fondazione HEAL Italia nasce grazie al PNRR, misura 4, componente 2, dalla ricerca all’impresa. Ogni qualvolta mi chiedono cosa fa Fondazione HEAL Italia, da dove nasce, mi viene molto facile ricordare da dove siamo nati e ringraziare il governo italiano e il ministero della ricerca che ha reso possibile la nostra nascita.
HEAL Italia rappresenta il polo di innovazione italiano per la medicina di precisione. L’obiettivo è quello di prevenire, ritardare e trattare malattie gravi passando da un approccio uguale per tutti a cure personalizzate. Attraverso il coinvolgimento dei migliori ricercatori, la promozione dell’innovazione e la valorizzazione della collaborazione globale, HEAL Italia mira a conseguire terapie mirate e tempestive con l’obiettivo di migliorare significativamente gli esiti dei percorsi di cura.
La nostra missione è focalizzarci su una sanità di precisione, verso una sanità proattiva e personalizzata. Lavoriamo con focus di interesse specifico: prevalentemente in ambito oncologico, tumori, malattie rare, metaboliche e cardiovascolari. Abbiamo un approccio molto solido e integrato che riguarda la predizione, cioè riuscire a predire e quindi arrivare prima della patologia.

Qual è la vera forza di HEAL Italia?
I nostri valori fondamentali sono la collaborazione, il network di eccellenze, la possibilità di valorizzare le giovani intelligenze, l’apertura globale. Ma la nostra vera forza è il nostro network, la nostra rete.
Il fare insieme in diversi luoghi dell’Italia, fare di Italia un grande laboratorio che non conosce i confini territoriali. Per la prima volta mettiamo in una logica del lavoro digitale la possibilità di avere questi laboratori collegati in rete, che a volte ci fanno anche dimenticare l’esistenza delle pareti e quindi del luogo fisico.
HEAL Italia si può descrivere come un grande laboratorio di ricerca che unisce la dimensione fisica alla dimensione virtuale, dove intelligenze, competenze, giovani, donne e anche professori che sono andati in pensione ma continuano a lavorare con noi, lavorano tutti con diverse competenze attraverso l’integrazione dell’interdisciplinarità: medici che si confrontano ogni giorno con fisici, matematici, clinici, esperti di tecnologie 4.0, tutto per realizzare una filiera integrata a supporto della lotta alle patologie.

Cosa sono le Officine per la Medicina di Precisione e perché rappresentano un’evoluzione così importante?
Le Officine sono l’evoluzione naturale di tutto il programma di ricerca di HEAL Italia, che ha visto collaborare oltre seicento persone in tre anni.
È il luogo in cui questa medicina personalizzata di precisione diventa un vero e proprio laboratorio, un’officina dove anche il mondo dell’impresa e chi ha la volontà di sviluppare una tecnologia all’avanguardia che possa supportare il mondo sanitario può trovare un luogo in cui essere supportato.
La nostra missione è avere la possibilità di dare un contributo per realizzare un punto di svolta nell’approccio alla salute: non più una soluzione unica per tutti, ma interventi mirati basati sulle caratteristiche biologiche, genetiche e ambientali. Un grande cambio di prospettiva, un grande cambio di paradigma.
Officine per la Medicina di Precisione nasce dalla volontà di realizzare in Italia questo luogo fisico e virtuale in cui realizzare programmi accreditati e standardizzati per la creazione di servizi sanitari che siano incentrati sull’applicazione di questi approcci di medicina personalizzata, predittiva e di precisione. I servizi che consentono di realizzare nel quotidiano, nella pratica clinica, trattamenti medici personalizzati in base alle caratteristiche fisiologiche del paziente: non solo quelle genetiche, ma tutto quello che riguarda la vita, lo stile di vita, la storia di quel paziente.
Le Officine sono questo luogo in cui ricerca, impresa e tecnologia si uniscono in un articolato sistema di servizi che, all’interno soprattutto degli ospedali, consentono quel trasferimento di conoscenze, competenze e tecnologie, sviluppandole insieme all’interno dell’ospedale stesso.

Come arriva tutto questo al paziente? Come lo percepisce nella sua vita quotidiana?
L’obiettivo è aiutare la nostra sanità italiana ad avere, all’interno dell’ospedale stesso, un aggregato già costituito, a non dover cercare tante competenze in tanti posti, tante tecnologie, ma concentrare tutta la filiera che HEAL Italia ha sviluppato.
Ricordiamo: noi nasciamo con un grande progetto che ha messo in filiera otto network tematici unendo scienze omiche, modelli predittivi, terapie geniche, terapie innovative. Tutta questa filiera – diagnostica avanzata, ricerca in ambito innovativo – è impossibile trovarla in un solo ospedale, è impossibile trovarla in una sola università.
Ma se mettiamo in filiera le reti dei dati che già sono generati da questi network e le focalizziamo su temi specifici, su patologie specifiche, e creiamo dei network affinché queste patologie possano essere attenzionate da tutti i punti di vista non soltanto dal punto di vista del singolo, allora creiamo un’officina, un laboratorio, una vera officina nell’ospedale dove tutti possiamo portare un pezzo, una cassetta degli attrezzi molto ampia, e dare ognuno il nostro strumento per lavorare tutti nella stessa direzione.

Ma questo significa anche ripensare l’organizzazione degli ospedali, non solo aggiungere tecnologie?
Esattamente. Voi immaginate un ospedale in cui la parte gestionale, la parte organizzativa – quella che non viene fuori quasi mai quando parliamo di ricerca e innovazione – diventa centrale. Guardiamo sempre alla ricerca di base, all’innovazione, ma ci dimentichiamo che la casa di tutto questo è sempre un sistema organizzativo gestionale.
Se non è vocato a spingere, a facilitare e anche a prendere da quello che le innovazioni sono in grado di generare, una struttura non sarà mai in grado di funzionare all’unisono con i tempi e con la spinta di cui l’innovazione necessita.
Oggi ci sono esempi molto pratici: abbiamo ospedali in cui questa è la prassi e in cui si sa cos’è l’intelligenza artificiale, qual è il vantaggio di un sistema di intelligenza artificiale legato alla diagnostica o alla possibilità di sviluppare, attraverso approcci in silico, medicine. Ma se guardiamo altri ospedali, magari ci dicono: “Guardate, noi al momento non abbiamo il fascicolo elettronico, al momento non abbiamo questa innovazione, al momento dobbiamo correre perché con quello che abbiamo dobbiamo cercare di rispondere al meglio all’esigenza dei pazienti”.
Sicuramente noi non vogliamo essere la panacea di tutti i mali, né ci poniamo come la soluzione di questi mali, ma ci poniamo come la possibilità di sperimentare un nuovo modello di tipo gestionale-organizzativo che nasca, cresca e si forgi insieme ai processi di innovazione e ricerca. Questo è l’elemento che invece è manchevole ogni qualvolta parliamo di progetti di ricerca anche di questo livello.

Qual è l’impatto concreto sul sistema sanitario? Facciamo un esempio pratico.
Faccio un esempio concreto: la campagna nazionale sui test genetici BRCA per la prevenzione dei tumori al seno e all’ovaio.
Se già la scienza ci consegna delle evidenze che sono chiare e riconosciute – che è migliorativo per la condizione di qualunque donna italiana poter sapere se è affetta o meno da mutazioni BRCA, che sono predittive di una maggiore probabilità di incontrare una patologia oncologica – allora dobbiamo agire.
Con tutti i protocolli che esistono e con tutte le modalità che ormai sono interne a tanti ospedali, queste modalità non sono interne in tutti gli ospedali. Oggi abbiamo popolazioni che conoscono il vantaggio di poter accedere al servizio di counseling genetico, ma non tutte le donne oggi sanno che esiste questo tipo di test.
Le prime persone che dobbiamo sensibilizzare sono proprio le donne che fanno parte della popolazione cosiddetta generale, non chi già conosce questi temi. Questo è uno dei nostri obiettivi: come fondazione siamo impegnati nel lancio di una campagna nazionale di sensibilizzazione che si incentrerà su una serie di attività, inclusa la possibilità di effettuare su una popolazione campione test genetici a donne che non sono già identificate come donne a rischio.

Come funzionerà concretamente questa campagna?
Noi abbiamo messo in rete oltre cento laboratori di biologia molecolare. Con i fondi della ricerca stiamo promuovendo questi test gratuiti per un numero definito di donne. Apriremo questa campagna a dicembre, la terremo aperta almeno per un paio di mesi. Finanzieremo questi test con fondi della ricerca, quindi non con fondi sanità.
Sicuramente supporteremo l’impatto sanitario perché nel database che verrà fuori da questi test consegneremo alle Regioni la possibilità di sapere che in quella Regione c’è una mappa, un rischio specifico magari rimasto sommerso. Nonostante ci sia il PDTA, nonostante ci siano i centri accreditati, non tutte le donne oggi sanno che esiste questo tipo di test.
Questo contribuisce a quella consapevolezza e conoscenza che può fare forse la cosa più importante: responsabilizzare il cittadino nei confronti della sua salute con strumenti che possono essere anche salvavita.

Oltre ai test BRCA, quali altre iniziative concrete delle Officine annuncerete il 4 dicembre?
Un’altra iniziativa molto importante è che stiamo lavorando alla realizzazione di un Open Science Lab che prevederà un approccio attraverso didattica immersiva per la conoscenza del DNA, del genoma. Sarà rivolto a tutte le scuole, rivolto ai cittadini che non conoscono questi temi e che vogliono approcciarsi all’importanza della conoscenza di sé, anche vedendo cos’è e quanto è importante il DNA e tutto quello che ne consegue.
Tutte queste attività – scienza, ricerca, spazi laboratorio e formazione – rientrano in un catalogo formativo molto ricco. Partiremo con un’academy sull’intelligenza artificiale, medicina e precisione, collaborando anche con molti paesi esteri.
L’Officina Medicina di Precisione è quest’officina che ha al suo interno tutti gli strumenti, i servizi integrati di supporto alle organizzazioni sanitarie, alla ricerca – quindi alle università, agli enti di ricerca – ma anche alle imprese, su pacchetti dedicati, affinché si possa creare questo circuito di collaborazione e affinché soprattutto gli ospedali ricevano realmente supporto che non viene da fuori ma che viene da dentro, perché noi ci diamo a collaborare dall’interno degli ospedali, aiutando gli ospedali a fare ricerca e sviluppo.
Parlo di ospedali che non sono policlinici universitari, quindi parlo degli ospedali che in realtà non fanno ricerca come mission. La formazione, la possibilità di aiutare tutto il nostro partenariato che adesso è immenso – abbiamo più di 80 partner – possono continuare a lavorare sulle linee di ricerca che abbiamo costruito insieme.

HEAL Italia ha anche una dimensione internazionale importante. Ce ne parla?
Abbiamo lavorato tanto sulla parte degli accordi internazionali, abbiamo fatto diverse missioni. La più importante è stata quella che abbiamo fatto a giugno di quest’anno presso gli Stati Uniti, dove abbiamo stretto tantissimi rapporti sia con gli Stati Uniti ma anche con diversi posti del mondo.
Siamo stati alla Bio International, questa fiera importantissima a livello mondiale sulle biotecnologie per la salute. Lì abbiamo conosciuto diversi enti, diverse imprese, diverse università che si trovano in Giappone, in Cina, in Australia, quindi non soltanto americane.
Grazie anche al rapporto con il nostro advisory board, al nostro direttore scientifico Professor Piacentini, abbiamo stretto tutta una serie di contatti internazionali. Adesso ci siamo posti come piattaforma italiana in grado di costruire un ponte tra HEAL Italia e il mondo: tra HEAL Italia e gli Stati Uniti, tra HEAL Italia e la Cina, tra HEAL Italia e il Giappone.
Questo per consentire ai nostri ricercatori, a tutte le idee di ricerca che sono maturate all’interno del programma, a tutti i brevetti e a tutte le idee di impresa che nascono all’interno del programma di HEAL Italia di poter avere non solo un supporto in Italia, ma anche già una strada tracciata in un percorso internazionale.
Con nostra grande gioia abbiamo visto come HEAL Italia viene vista dall’estero. Nell’ambito delle tecnologie per la salute, del business in quel settore, HEAL Italia viene vista molto bene, l’Europa viene vista molto bene. Il nostro territorio è un territorio che attrae tanto e abbiamo tante proposte di collaborazione da enti molto importanti.

Il 4 dicembre presenterete ufficialmente le Officine. Che giornata sarà?
Per me è un giorno di festa. È un po’ rivedersi, fare il punto, vedere guardando un po’ indietro dove siamo oggi arrivati e dove stiamo andando, e che cosa vogliamo ancora fare insieme, sempre più entusiasti rispetto a tre anni fa.
L’elemento importante del 4 dicembre è quello che ci consegna: alla base di tutto ci sono sempre le persone, gli esseri umani. Il valore delle persone è stato sempre, e l’entusiasmo del fare le cose insieme è stato sempre, probabilmente il nostro punto di forza.
La volontà di scegliersi e di continuare a scegliersi. Sono tantissimi i progetti nati col PNRR, sono tantissime le fondazioni, ciascuna università nostra partner è contemporaneamente partner di altri dieci, dodici, tredici progetti. Nel nostro piccolo noi abbiamo creato uno zoccolo duro, un ecosistema di gente che ha scelto e che sceglie di mettere la faccia qui, di lavorare qui, perché gli piace lavorare. Questa già per noi è una grandissima vittoria.
Il 4 dicembre è il giorno che segna che realmente tutte queste distanze siamo usciti ad accorciarle e, nonostante il punto di partenza, siamo arrivati a consegnare comunque dei risultati, dei modelli. Soprattutto tutti insieme adesso stiamo per completare quello per cui siamo nati: lavorare a fianco e a supporto del mondo sanitario.

Quali sono gli obiettivi futuri? La visione per i prossimi anni?
Mi auguro che in Italia, insieme a tutti quelli che fanno questo e che sono nati anche su temi analoghi ai nostri, si possa dialogare, collaborare, fare una squadra unica – proprio uno squadrone italiano – che consenta a HEAL Italia di competere nel mondo, di competere in Europa, e che consenta a HEAL Italia di avere questa arma in più nella lotta a tutte le patologie cronico-degenerative.
Perché c’è un dato di incremento, di invecchiamento della popolazione. C’è un decremento del tasso di natalità. Questo vuol dire che più si invecchia, più si va verso la possibilità di ammalarsi.
Questo non può essere, non deve essere un affare solo di qualcuno. Deve essere un affare di tutti, un interesse di tutti.
Tutti quelli che hanno beneficiato come noi di questi strumenti importantissimi finanziari che il PNRR ha consentito di aggregare – noi in HEAL Italia abbiamo messo insieme laboratori, piattaforme, tecnologie – se potessimo mettere un’unica piattaforma con tutto quello che ciascuno di noi ha aggregato, penso che potremmo motivare ulteriormente i nostri giovani a non andare via, a restare qua in questi laboratori, cercando tutti di dare una mano.
Da adesso in poi noi lo stiamo facendo perché collaboriamo già con tantissimi centri come il nostro, con fondazioni, con tutti quelli con cui abbiamo integrazioni. E anche quando non ce l’abbiamo, probabilmente scopriamo che ce l’abbiamo, perché tutto quello che è ambiente, salute, stile di vita, alla fine è interconnesso.

Un’ultima parola sulle Officine?
È difficile perché tenere non è facile. Però il traguardo è più importante dello sforzo, della difficoltà, della fatica. Il PNRR per HEAL Italia è stato uno tsunami per il quale nessuno era pronto, diciamoci la verità. Però non possiamo mollare. Adesso dobbiamo stare tutti uniti e andare avanti.
Le Officine per la Medicina di Precisione rappresentano esattamente questo: la capacità di trasformare uno tsunami in un’opportunità, di costruire qualcosa che resta, che cresce, che cambia concretamente la vita delle persone. Non più un progetto che finisce quando finiscono i fondi, ma un modello sostenibile che diventa parte integrante del nostro sistema sanitario.

Le Officine per la Medicina di Precisione rappresentano il futuro della sanità italiana: un luogo fisico e digitale dove ricerca, tecnologia e cura si incontrano per trasformare la vita dei pazienti. Dove oltre 600 ricercatori, 80 partner, otto network tematici lavorano insieme per portare la medicina personalizzata a tutti i cittadini. Il 4 dicembre sarà l’occasione per scoprire insieme questo progetto straordinario che sta cambiando il modo in cui preveniamo e curiamo le malattie in Italia.

Dott.ssa Laura Leonardis

Dott.ssa Laura Leonardis

Direttore Generale

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